Silvia D’Anastasio

Silvia D’Anastasio è una giovane attrice teramana. Dopo la maturità classica, si diploma in Recitazione teatrale presso la Civica Scuola Di Teatro Paolo Grassi di Milano. Durante questi anni studia con Kuniaki Ida,Elizabth Boeke, Maurizio Schmidt e Maria Consagra.

Conseguito il diploma nel 2018, recita nella rassegna Morsi interpretando Hedda Gabler con la regia di Massimo Navone e Masha in Tre Sorelle di A. Cechov, con la regia di M. Schmidt. Continua la sua formazione presso la Scuola di Specializzazione e perfezionamento del Teatro Di Roma e successivamente va in scena al Teatro India con la regia di Marco Lucchesi in “La Duchessa e i suoi carnefici”. Nel 2019 si trasferisce a Londra per frequentare il Master in Acting Classical presso la Royal Central School of Speech and Drama.

Nel 2020 interpreta Gertrude in “Hamlet”, diretto da B. Naylor presso l’Embassy Theatre, spettacolo diventato un film a causa dell’emergenza COVID e disponibile in streaming. Nel 2021 recita in due cortometraggi attualmente in post-produzione e nell’istallazione “Worktable” presso il Piccolo Teatro Strehler di Milano.


giovedì 23 settembre 2021

Dialogo con Markus Ophaelders

Silvia Giliberto, pianoforte, Matteo Savio, percussioni.

I testi poetici sono letti da Silvia D’Anastasio

Prima esecuzione assoluta di ‘anemos’ di Raffaele Marsicano.

Musiche di:
Georges Aperghis, (1945) da “Quatre pieces fébriles” n° 1
e 3 [marimba/piano]

Johann Sebastian Bach, (1685-1750) dall’ “Arte della fuga” [marimba/piano]:
-Contrapunctus I
-Contrapunctus XII Canon alla ottava
-Contrapunctus XIII Canon alla duodecima in contrappunto alla quinta
-Contrapunctus XIV Canon alla decima
-Contrapunctus XV Canon per augmentationem in contrario motu
Iannis Xenakis, (1922-2001) “Rebonds b” [percussione sola]

Iannis Xenakis, “Six chansons” [piano solo]
Giannis Papakrasas, “Duo for piano and percussion”

Markus Ophaelders, filosofo e saggista, focalizzerà le sue riflessioni sull’ambivalenza culturale dell’incontro tra pianoforte e marimba, espressione musicale del fatto che cultura significa sempre incontro tra il proprio e l’estraneo. Il senso d’appartenenza, l’identità è possibile solo se si è disposti a rinunciare, a perdere.
Guardare al futuro, dunque, significa guardare all’altro senza però dimenticare il passato, il proprio e quello degli altri. La trascrizione dell’arte della fuga di Bach invita all’esplorazione di registri identitari mutevoli capaci di includere l’alterità e di riconoscere il sé nell’altro che, in questo caso si presume, fu mio.